Filiere

Agrisole-Conad: la filiera dell'uva da tavola alla prova dei mercati priva di logistica

Vincenzo Rutigliano

Alla tappa di Taranto del Grande Viaggio di Conad nelle filiere made in Italy il gap di competitività del settore appulo lucano appesantito da costi infrastrutturali e di energia molto superiori a quelli dei concorrenti. I molti progetti in perenne stand by

Anche la tappa tarantina del Grande Viaggio di Conad tra le filiere agroalimentari italiane, questa volta sull'uva da tavola della piattaforma appulo-lucana, dice che il costo in infrastrutture incomplete, energia e trasporti a prezzi più alti che negli altri Paesi, non è più tollerabile. E si abbatte sulla non competività anche di questa filiera.

«Abbiamo costi infrastrutturali che ci impediscono di essere competitivi - denuncia, una volta di più, da Taranto, l'ad di Conad, Francesco Pugliese -. C'è un costo infrastrutture che incide sulla competitività. Da Bari a Milano il costo del trasporto è quanto quello da Milano a Mosca raggiunta attraverso reti diverse e migliori. I costi dell'energia sono, in media, più alti del 30% rispetto, per esempio, a Francia e Germania; il trasporto +40% e tutto questo incide sulla competitività delle nostre imprese, a parità di prodotto».

Privare ancora a lungo l'ortofrutta italiana di una logistica adeguata, come invece accade in Spagna, non è più tollerabile. Come non è più tollerabile che la filiera pugliese dell'uva da tavola - che nelle province di Taranto, Bari e Barletta-Andria-Trani ha il suo cuore produttivo con il 60% del totale nazionale, quasi 6 milioni di quintali ottenuti da una sau di poco superiore ai 30mila ettari e rese a 300 quintali per ettaro - non possa contare su una rete moderna di logistica intermodale.

I produttori di uva del Sud Est barese, come dal tarantino e del metapontino (in Basilicata), non possono ancora contare sulla piattaforma logistica ortofrutticola, con celle frigorifere e magazzini di stoccaggio, promessa da anni all'interno del porto di Taranto e annunciata per il prossimo gennaio, nè sullo scalo aereo della vicina Grottaglie, nè sullo scalo ferroviario di Ferrandina. Tutti gap che costringono a raggiungere i porti di Gioia Tauro, Napoli o Salerno per le spedizioni di uva destinata ai mercati nordafricani, arabi ed asiatici.

Il rilancio del comparto viticolo da mensa, insieme al recupero di questi gap logistici vecchi di decenni, sarebbe un buon segnale per l'area tarantina che, nonostante la forte caratterizzazione industriale con gli impianti siderurgici di ArcelorMittal, mantiene ancora una notevole connotazione agricola, con circa il 20 per cento degli occupati impiegato in agricoltura «esattamente 28.650 lavoratori iscritti nel 2018, numero in crescita rispetto al contesto regionale» spiega Lucia La Penna Flai-Cgil di Taranto. Lo sviluppo e il potenziamento di questa e delle altre filiere agroalimentari legate al territorio può diventare dunque uno degli asset di sviluppo dell'economia locale e dell'area ionica. «Riuscirci non è semplice - ammette Pugliese -. Va riconsiderata l'organizzazione delle filiere, superate le divisioni e create sinergie tra coltivatori e produttori, progettate piattaforme per la commercializzazione. Prima ancora, bisogna intervenire sul gap infrastrutturale che oggi costituisce il principale freno allo sviluppo del Meridione».

A questo punta anche Agromed, un progetto vecchio di 15 anni di cui la Camera di commercio jonica è unico titolare e che ha un plafond di 10 milioni di euro di risorse, assegnate dal Cipe, che non si riescono a spendere. «Si attende il via libera del Mise e del Cipe per creare - spiega il presidente Vincenzo Cesareo - un hub per accompagnare le aziende agricole del bacino ionico, offrendo ai piccoli operatori servizi come lo stoccaggio, la refrigerazione, i servizi di certificazione e di tracciabilità, il confezionamento in IV gamma, con lo scopo di aumentare il potere di contrattazione dei piccoli nei confronti degli intermediari».

Agromed dovrebbe fungere da hub per il conferimento e la lavorazione per conto delle Op, per poi fare da raccordo logistico con il nodo portuale di Taranto e quello aeroportuale di Grottaglie. Insieme al recupero del gap infrastrutturale, la filiera dell'uva - come è emerso dalla ricerca Aaster condotta dallo staff di Aldo Bonomi e che è stata presentata a Taranto in occasione del viaggio Conad - ha molte sfide davanti a sé, a cominciare dalla sostenibilità sociale, la lotta al caporalato, la prova della modernizzazione e l'ostacolo della frammentazione, che resta uno dei limiti principali all'affermazione sul mercato delle aziende agricole locali.

Ritorna il tema della cooperazione, delle OP, come quella di Nicola Giuliano di Puglia Fruit: «Ne abbiamo costituita una in Puglia - spiega Giuliano - con tutti quelli che credono al nostro progetto, alla riconversione varietale, alla innovazione e chi è d'accordo diventa nostro socio».

L'altra sfida è la ricerca applicata con uno sforzo di modernizzazione delle cultivar che è principalmente in capo ad alcuni grandi operatori, ma anche a programmi di breeding sviluppati a livello sia pubblico che privato, per lanciare nuove varietà di uva. «E quando accade - conclude La Penna - questo vuol dire allungare la stagionalità dell'uva e quindi dare più lavoro agli operai agricoli».


© RIPRODUZIONE RISERVATA