Ambiente

Vino: la sostenibilità in «chiave» Ruffino, tutela dell’ambiente e continuità aziendale

Giorgio dell’Orefice

Presentato il Bilancio di sostenibilità dell’azienda che fa capo alla multinazionale Constellation brand. Sartor: non una semplice leva di marketing ma uno strumento per assicurare la ripetibilità nel tempo dell’attività imprenditoriale

Sostenibilità e competitività fino a non molti anni fa erano due termini alternativi se non in aperto conflitto. Adesso invece vanno di pari passo, anzi la ricerca della sostenibilità può rivelarsi il terreno per individuare nuovi sentieri di sviluppo.
È quanto è emerso a Milano nel corso della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità messo a punto da Ruffino, storica azienda vitivinicola toscana da circa 7 anni passata sotto il controllo della multinazionale Usa, Constellation Brand.

«Il progetto del Bilancio di sostenibilità – ha spiegato l'ad di Ruffino, Sandro Sartor – risponde all'obiettivo che ci siamo dati di misurarci con sfide non convenzionali. E sotto questo profilo siamo innanzitutto i primi all'interno del nostro gruppo a realizzare un bilancio di sostenibilità certificato da un ente esterno. Un'iniziativa che non risponde solo all'obiettivo di avere una leva di marketing (anche se su molti mercati in particolare del Nord Europa sta crescendo in maniera esponenziale la domanda di certificazioni di sostenibilità) ma di scandagliare tutti gli aspetti del nostro processo produttivo. Una logica quindi che punta ad assicurare alla nostra attività la possibilità di ripetersi nel futuro».

La sostenibilità in chiave Ruffino ha messo sotto la lente tre ambiti: la coltivazione della vite in modo sostenibile, la promozione del consumo responsabile e il rafforzamento della dimensione di impegno sociale.
Gli aspetti evidenziati nel bilancio di sostenibilità di Ruffino sono stati poi certificati da Dnv.

«Il nostro lavoro – ha spiegato Zeno Beltrami di Dnv – ha prima cercato con la “selezione delle materialità” di mettere a fuoco gli elementi da valutare e poi ha puntato a misurarli attraverso il ricorso a degli standard internazionali. Sotto il profilo più strettamente produttivo la linea guida è stata che soprattutto nel caso di un'azienda agroalimentare come Ruffino spesso la qualità finale del prodotto è strettamente correlata alla qualità del territorio. Mentre più a valle del processo abbiamo scandagliato gli investimenti che Ruffino ha compiuto sul capitale umano come ad esempio quelli sul welfare aziendale».

Ma di particolare importanza è l'indagine sugli aspetti in grado di assicurare la resilienza dell'attività imprenditoriale, elementi che stanno assumendo una sempre maggiore importanza anche nelle scelte compiute dagli investitori internazionali. Anche perché per individuare le attività sulle quali investire non si può prescindere dalla loro capacità di generare profitti ma allo stesso tempo non si può ignorare la loro capacità di essere sostenibili e quindi durare nel tempo. «Non a caso – ha aggiunto il docente di Economia delle imprese dell'Università di Firenze, Andrea Paci – i francesi per parlare di sostenibilità utilizzano il termine “durable” proprio per sottolineare l'obiettivo di fondo che è quello di assicurare la continuità aziendale».

E in quest'ottica emerge in maniera forte il rapporto con il capitale umano, con la forza lavoro dell'impresa. «Fino a non molti anni fa – ha aggiunto Rossella Sobrero di Koinetica che tra l'altro anima un blog dedicato al marketing non convenzionale e alla sostenibilità – spesso veniva vietato ai dipendenti di parlare sui social delle proprie imprese. Adesso invece ci si è resi conto che se i dipendenti sono a proprio agio sul lavoro e quindi ne parlano bene, oltre ad essere più credibili di un company profile, diventano anche i principali ambasciatori delle loro aziende sui territori».


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