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Vino:  Sartor (Ruffino), pubblico e privato in ordine sparso sul bere responsabile

Giorgio dell’Orefice

L’ad dell’azienda di Constellation Brands: gli obiettivi sono comuni, occorre cambiare passo nel rispetto delle competenze per far compiere alle azioni di promozione del corretto approccio al vino un salto di qualità

Serve un cambio di passo nel rapporto tra aziende private e istituzioni per far compiere davvero un salto di qualità alle campagne sul consumo responsabile di vino e di alcolici. Ne è convinto Sandro Sartor, amministratore delegato di Ruffino, azienda toscana nata nel 1877 e dal 2011 di proprietà della multinazionale Usa Constellation Brands, ma anche responsabile del tavolo su Vino & Salute dell’Unione italiana vini. Un rapporto che a Sartor quindi sta particolarmente a cuore visto anche che Ruffino da poco più di un mese ha lanciato «Ruffino Cares» un progetto di sensibilizzazione al bere responsabile promosso insieme al Comune di Firenze e che prevede nel capoluogo toscano a Piazza dei Tre Re a partire dal 20 giugno, ogni mercoledì, un incontro per discutere di vino a 360 gradi ma anche degustazioni funzionali e altre iniziative legate al consumo responsabile del vino.
Cosa c'è che non va nel rapporto tra istituzioni e imprese sul consumo responsabile di vino?
Il punto è che su questo tema che è senz'altro di comune interesse troppo spesso si procede in ordine sparso. Le istituzioni da un lato e le aziende dall'altro. Le istituzioni che in base al proprio ruolo oltre a dispensare consigli fissano divieti e le aziende che invece procedono con proprie iniziative isolate. Anche le imprese devono fare di più e farsi carico di questo tema del consumo responsabile come stanno facendo per la sostenibilità. E devono promuovere presso il consumatore il tema della qualità, perché se cresce l'attenzione e la sensibilità per la qualità e per le proprietà organolettiche del vino automaticamente si è portati a consumarlo in modo responsabile.
E qual è il concetto chiave sul quale puntare?
Quello delle modalità di consumo tipiche della tradizione italiana. Che prevede che il vino sia una componente fondamentale della convivialità e della tavola. L'antidoto migliore per non incorrere in un consumo patologico è avere un rapporto sereno, equilibrato e sociale con il vino.
Un discorso difficile da fare soprattutto in Europa.
In Europa siamo sottoposti a quelle che chiamo due «non distinzioni»
Cioè?
La prima è la tendenza negli altri paesi europei a non distinguere l'uso dall'abuso. Comunque il consumo di alcol è negativo ed è da condannare. Mentre invece noi invitiamo a distinguere le due cose che sono diverse e che non possono essere confuse. Riteniamo allarmante che circolino in Europa documenti della Dg Sanco che non effettuano questa fondamentale distinzione
E la seconda «non distinzione»?
È quella che non differenzia il vino dalle altre bevande alcoliche. E questo perché soprattutto i paesi del Nord Europa hanno problemi con i superalcolici e mettono sul banco degli imputati qualsiasi bevanda che contenga alcol. Invece è molto diverso. O meglio, se da un lato da un punto di vista chimico non ci sono differenze: l'alcol e alcol. Ma quelle che invece sono profondamente diverse sono le modalità di consumo. E non accettiamo di essere messi sulla stessa barca.
Eppure si stanno diffondendo, anche fuori dell’Italia, modalità di consumo vicine a quelle della tradizione italiana, come ad esempio gli aperitivi.
Assolutamente sì. Spesso si sottolinea che negli aperitivi vengono solo consumate bevande a bassa gradazione ma non è solo questo. L'altro punto chiave è che l'aperitivo prevede il consumo di bevande con un minore contenuto di alcol ma soprattutto sempre insieme al consumo di cibo. È questo è l'altro aspetto chiave. In Italia l'alcol è sempre associato al cibo e il loro consumo contestuale è raccomandato non solo dalle imprese ma anche dall'Oms. E poi: è chiaro che di tutto si può abusare ma faccio fatica a immaginare qualcuno che si ubriachi a un aperitivo.
E Constellation Brands come vede queste vostre iniziative di sensibilizzazione?
Bene, molto bene. Noi non abbiamo fatto altro che mutuare i tre assi della strategia di Constellation: Sustainibility, responsable drinking e giving back, ovvero sostenibilità, consumo responsabile e solidarietà. Sotto quest'ultimo profilo sosteniamo Dynamo Camp di Pistoia che è dedicato ai bambini ospedalizzati e con gravi patologie.
Un bel lavoro ma manca il link con le istituzioni
Per Ruffino Cares abbiamo avviato una bella collaborazione con il Comune di Firenze. Il punto da capire è che abbiamo obiettivi comuni e con un lavoro congiunto potremmo essere più efficaci. Vanno bene le campagne della Presidenza del Consiglio o dei ministeri della Salute o delle Politiche agricole. Ma forse le imprese private potrebbero dare qualche apporto utile su come costruire una campagna pubblicitaria, o forse su come investire in maniera più efficace. D'altro canto senza la collaborazione delle istituzioni, come avvenuto a Firenze, non riusciremmo ad avere accesso ad alcune piazze o location prestigiose della città. Penso insomma a iniziative congiunte nelle quali ognuno faccia la propria parte. Abbiamo un fine comune e se lavoriamo insieme potremmo ottenere risultati migliori.


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