Politiche Agricole

Brexit, controlli e costi in aumento frenano l’export agroalimentare Made in Italy

Sara Armella e Tatiana Salvi *

Dal 30 aprile sono entrati in vigore i nuovi protocolli fitosanitari alla frontiera inglese. Ortofrutta tra i settori più colpiti dalla nuove tariffe doganali

Controlli e costi in aumento per le aziende che esportano prodotti agroalimentari verso il Regno Unito, poichè dal 30 aprile sono entrati in vigore i nuovi controlli sanitari e fitosanitari alla frontiera inglese. Le novità interessano, in particolare i prodotti alimentari e ortofrutticoli esportati dall’Unione europea, che hanno ora l’obbligo di entrare nel Regno Unito attraverso appositi luoghi di controllo frontalieri e sono sottoposti a verifiche documentali, di identità e fisiche.

Il rafforzamento dei controlli incide sensibilmente sul nostro export, non soltanto in termini di maggiori tempistiche, ma anche per i costi di assistenza doganale e per le nuove tariffe imposte dal governo Uk. Il nuovo piano prevede, infatti, una nuova tariffa, da un minimo di 10 e un massimo di 29 sterline, per ogni prodotto sottoposto ai nuovi adempimenti e fino a 145 sterline per le spedizioni miste. Un aggravio economico che si rifletterà non soltanto sulle aziende importatrici britanniche, ma anche sugli esportatori italiani.

La tariffa potrebbe essere, infatti, a carico del venditore Ue, a seconda della clausola Incoterms prevista nel contratto di vendita. Per esempio, nella resa Ddp (Delivered Duty Paid), è l’esportatore a farsi carico delle procedure di sdoganamento nel Paese di destinazione. Al contrario, chi vende Exworks (Exw) o con resa Fca (franco vettore) non sopporta i costi dovuti a causa delle nuove tariffe, anche se subisce un effetto di minore competitività, essendo incrementati, per il cliente Uk, i costi di sdoganamento.

Da segnalare, inoltre, che per gli esportatori è obbligatorio ottenere un certificato sanitario o fitosanitario da parte dell’autorità sanitaria italiana. L’export italiano risentirà inevitabilmente del nuovo sistema di controlli, che già allarma le imprese Uk, chiamate a sostenere, in media, circa 225mila sterline di nuove spese. Un costo che, secondo le stime, porterà a un ulteriore aumento dei prezzi, che potrebbe far crescere l’inflazione di 0,2 punti percentuali nei prossimi tre anni.

I nuovi controlli doganali introdotti alla frontiera Uk suscitano molte perplessità anche dal punto di vista delle tempistiche. Nonostante gli ingenti investimenti sostenuti dal governo Uk a seguito della Brexit, l’attuazione del nuovo sistema alle frontiere è stata più complessa del previsto. La mancanza di personale qualificato per svolgere le ispezioni rende difficile l’introduzione di verifiche puntuali e ordinate e rischia di rallentare gli adempimenti. Nelle scorse settimane, l’interruzione del sistema informatico ha causato un vero e proprio collo di bottiglia presso i posti di frontiera, provocando ritardi fino a 20 ore.

Ritardi che, per il settore dell’agrifood si rivelano particolarmente dannosi: per i prodotti alimentari e ortofrutticoli, infatti, i tempi di trasporto e di sdoganamento devono essere piuttosto rapidi, trattandosi di beni che, per loro natura, sono facilmente deperibili. Trattenere la merce per un’ispezione, inoltre, significa sostenere maggiori costi, dovuti alle soste.

La necessità di tutelare il mercato Uk deve, pertanto, essere bilanciata con l’esigenza di non compromettere gli scambi commerciali. Il Regno Unito rappresenta, infatti, uno dei principali mercati di destinazione delle nostre esportazioni, attestandosi al sesto posto nella classifica mondiale. Il settore dell’agrifood rappresenta un settore di traino: lo scorso anno l’export di prodotti agricoli e della pesca si è attestato intorno ai 340 milioni di euro, mentre gli alimentari hanno fatto registrare un valore di quasi 3 miliardi di euro, con un aumento del 9,5%, rispetto all’anno precedente.

L’Italia è il primo fornitore di pomodori freschi e trasformati. L’export italiano si posiziona al primo posto anche per la pasta, garantendo il 57% degli approvvigionamenti del Regno Unito in volume ed il 45% in valore. Molto significative anche le esportazioni di formaggi e prodotti caseari, mentre per la categoria degli oli di oliva, l’Italia segue la Spagna, collocandosi in seconda posizione. Il nostro paese si colloca al primo e secondo posto anche le esportazioni di vino. La crescita dell’export agroalimentare dovrà fare i conti con il nuovo sistema di controlli, che impone nuove sfide al Regno Unito, ma anche ai suoi fornitori.

* studio legale Armella & Associati


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