Politiche Agricole

Commercio, Usa e Cina trovano l’armistizio per fermare l’escalation dei dazi agricoli

R.A.

L’intesa raggiunta a margine del G-20 di Buenos Aires scongiura tariffe extra dal 2019 e prevede l’avvio di un negoziato per regolare su nuove basi l'interscambio bilaterale, oltre a una revisione del Wto

Contro ogni previsione della vigilia alla fine il pragmatismo sino-americano ha avuto il sopravvento, e Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo per evitare un’ulteriore escalation della guerra commerciale in corso che ha già avuto un impatto rilevante sui mercati agricoli. All’inizio del 2019 non scatterà negli Usa il previsto aumento dal 10 al 25% dei dazi aggiuntivi su una lista da 200 miliardi di dollari di merci importate dalla Cina. Che, dal canto suo, si è impegnata ad aumentare in tempi rapidi le importazioni dagli Stati Uniti, incluse quelle di prodotti agroalimentari. Le due parti hanno deciso di dare avvio a un negoziato per concordare, nel giro di tre mesi, un nuovo sistema di regole riguardanti l'interscambio commerciale bilaterale.

Sono questi gli aspetti salienti dell'intesa raggiunta tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il leader cinese, Xi Jinping, a conclusione di una cena ai margini della riunione del G-20 che si è chiusa l’1 dicembre, a Buenos Aires, in Argentina. A ben vedere, non è stato raggiunto un accordo che mette fine alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. È stato solo siglato un armistizio, hanno precisato fonti americane. Se le trattative che partiranno nei prossimi giorni non daranno risultati positivi nei tempi previsti, scatteranno immediatamente i dazi sospesi. Non solo: le tariffe aggiuntive potrebbero essere estese a tutte le importazioni in arrivo dalla Cina (circa 570 miliardi di dollari l'anno).

Sull'evoluzione delle relazioni commerciali tra Usa e Cina, molto dipenderà dall'effettivo aumento delle importazioni cinesi, in modo tale da ridurre sensibilmente il saldo negativo che si registra per gli Stati Uniti. Per quanto riguarda il settore agricolo, l'attenzione è rivolta in particolare sulla soia. Per effetto delle misure di ritorsione decise dal governo cinese, l'export americano si è praticamente fermato. Prima della crisi, si attestava a circa 30 milioni di tonnellate l'anno, per un valore di 14 miliardi di dollari.

Secondo la Coldiretti la crisi della soia americana «è una delle ragioni che ha spinto il raggiungimento dell'intesa tra Usa e Cina». A seguito del crollo delle vendite sul mercato cinese, la soia americana si è indirizzata verso l'Unione europea, ha segnalato l'organizzazione. L'export si è attestato a 3,8 milioni di tonnellate nel periodo luglio-novembre 2018, con un rialzo addirittura del 100% sullo stesso periodo dello scorso anno.
Con la possibile ripresa delle esportazioni verso la Cina la situazione potrebbe cambiare di nuovo, con inevitabili conseguenze anche sulla dinamica delle quotazioni.

Di fronte a questi scenari, ha dichiarato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, «ribadiamo la necessità di un piano pluriennale per rilanciare la produzione nazionale di cereali e proteine vegetali; riducendo così l'esposizione del nostro sistema agroalimentare alla volatilità dei prezzi sui mercati internazionali». Da ricordare, al riguardo, che nei giorni scorsi la Commissione europea ha diffuso una comunicazione sullo sviluppo delle colture proteiche, ma non è stata indicata una scadenza per la presentazione di specifiche proposte. Il fabbisogno annuale dell'Unione è di 27 milioni di tonnellate grezze, e per la soia il tasso di autosufficienza non va oltre il 5 per cento.

Da segnalare, infine, che nel comunicato ufficiale pubblicato al termine della riunione del G-20, su pressante richiesta degli Stati Uniti, non sono state formulate critiche al protezionismo negli scambi commerciali. Assunto però l'impegno a rivedere il ruolo e le regole di funzionamento del Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio.


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