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Vino: all’insegna dell’artigianalità nasce il consorzio Vignaioli delle Marche

Claudio Celio

Parte con 15 produttori, al 90% biologici. Tra i requisiti produzione da uve proprie e controllo della filiera. Il Verdicchio il pivot, ma no a una promozione monotematica

Promuovere il territorio delle Marche attraverso quel fantastico atout che è il vino, sostenere le produzioni artigianali, proporsi come rete integrata di turismo enogastronomico in una regione ricca di risorse ma con visibilità ancora limitata sui mercati internazionali. È la scommessa che hanno pensato di condividere 15 produttori vinicoli marchigiani che lo scorso agosto hanno dato vita ad un nuovo consorzio, il Consorzio dei vignaioli delle Marche, e che si è appena presentato con il primo evento ufficiale ad Ancona.

Fondare questo consorzio (perchè di consorzio agricolo si tratta e non di una semplice associazione di vignaioli) è stato «un atto di coraggio - dice la presidente Ilaria Ippoliti, che rivendica una scelta che in Italia ha solamente due casi simili: quelli del Trentino e dell’Alto Adige -. L’obiettivo - ha aggiunto - è quello di valorizzare la dimensione artigianale dei produttori che all’interno dei consorzi vengono schiacciati dai grandi numeri dei produttori/imbottigliatori» e che vedono vanificate le loro esigenze di maggiore visibilità e coerenza nella promozione e nell’offerta della loro produzione vinicola.

Ad oggi il Consorzio è composto da 15 produttori, di cui il 90% produttori opera in bio, ma a breve la pattuglia sarà rinforzata da 4 nuovi ingressi.

La selezione per entrare nel Consorzio prevede come vincolo la produzione di vini da uve proprie e il controllo di tutta la filiera (dalla produzione delle uve, alla loro trasformazione e commercializzazione). Un principio che esclude ovviamente i grandi imbottigliatori che, in virtù dei numeri, orientano le scelte dei Consorzi di Tutela.

Quindi piccoli produttori, artigiani, che producono poche bottiglie. «C’è un’importante fetta di mercato - ha aggiunto Ilaria Ippoliti - che apprezza sempre di più i vini artigianali, quelli che hanno una storia e un’origine certa. E la vogliamo intercettare con le attività del nostro consorzio. Puntare su questo tipo di produzione - ha aggiunto - significa anche cercare di sfatare il mito che i vini marchigiani siano necessariamente dei vini che costano poco e buoni da bere subito. Mentre ci sono etichette come il Verdicchio che hanno buone capacità di invecchiamento».

Il consorzio ha un’ampia distribuzione regionale e, per quanto il Verdicchio resti il vino di punta della produzione regionale, non ha intenzione di sostenere una promozione monotematica. «Vogliamo promuovere il territorio nella sua totalità - ha concluso la presidente - che annuncia la partecipazione al prossimo Vinitaly ma anche a fiere più piccole e ad incontri che possano funzionare da volano per l’offerta enogastronomica regionale».

L’auspicio è che il consorzio possa avere vita facile nel rilanciare la produzione vinicola marchigiana più connotata dai valori di artigianalità e magari fare fronte in modo più agevole alle prima avvisaglie negative che iniziano a manifestarsi sui mercati internazionali dove, a causa del rialzo dei prezzi, dei colli di bottiglia della distribuzione e del contesto internazionale complicato, le vendite stanno registrando un andamento meno brillante che in passato.


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