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Agrisole-Conad, nel lattiero-caseario consumi in calo ma è boom di Dop e Igp

Roberto Faben

Giù i volumi (-1,9%) e i valori (-1,2%). Crescono in tre anni Mozzarella di Bufala (13,6%); Pecorino (10,7%); Grana Padano (3,3%); Parmigiano Reggiano (2,7%); Gorgonzola (2,4%)

La sensibile trasformazione in atto negli stili di consumo e nelle scelte di acquisto di beni alimentari manifesta un esempio di chiara evidenza per i prodotti a più alto valore aggiunto della filiera lattiero-casearia nazionale, i formaggi, per la cui produzione l'Italia occupa una posizione di leadership mondiale a livello qualitativo e di sicurezza alimentare, con oltre 400 tipologie di formaggi nel suo paniere, tra i quali 53 Dop e una Igp. Quantunque gli ultimi dati Ismea rivelino, tra il 2017 e il 2018, un trend in calo dei consumi di formaggi in generale – 1,9 per cento in meno in volume e un decremento dell'1,2% in valore –, l'analisi di dettaglio mette in luce che i prodotti Dop e Igp hanno registrato interessanti livelli di crescita.
Secondo una rilevazione Iri, la domanda di Grana Padano, dal 2015 al 2018, è salita del 3,3%, il Parmigiano Reggiano del 2,7%, il Pecorino del 10,7%, il Gorgonzola del 2,4%, la mozzarella di bufala del 13,6 per cento. In altri termini emerge il fatto che l'attenzione dei consumatori si sta spostando da categorie più indifferenziate – come i formaggi spalmabili e fusi – a prodotti tipici con radicata tradizione territoriale e disciplinari di qualità. Se si registra un tracollo delle vendite di formaggi fusi (meno 13,5%) e un leggero calo dei freschi (-0,7%), gli stagionati sono aumentati dell'1,5 per cento. Sempre la ricerca Iri, manifesta che il 65% dei consumatori intervistati preferisce prodotti provenienti da filiera corta, e il 59% opta per l'origine italiana. Inoltre il 63% del campione chiede prodotti di aziende attente all'ambiente, il 62% di imprese etiche, il 53% è disposto a pagare di più per acquistare prodotti considerati maggiormente healthy, ossia più salutari, e il 38% biologici.

Sarà concentrato sulla filiera lattiero-casearia il focus de "Il grande viaggio insieme" di Conad, che domani farà tappa a Reggio Emilia, capitale emiliana del Parmigiano Reggiano, dove si discuteranno, presso il Centro internazionale Loris Malaguzzi, a partire dalle 17, i risultati di un report sul settore preparato dal Consorzio Aaster commissionato dalla nota insegna della Gdo, che sarà rappresentata, nel dibattito, dall'ad Francesco Pugliese, con la partecipazione, inoltre, dell'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna Simona Caselli, del presidente di Coldiretti Ettore Prandini, del presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli, e di altri rappresentanti ed esperti dell'agro-alimentare. Il settore lattiero-caseario italiano sviluppa un volume d'affari di circa 16 miliardi di euro, di cui 2,7 derivanti dalle esportazioni, e incide per il 12 per cento sul fatturato dell'agro-alimentare nazionale. In Italia, annualmente, sono conferiti, in larga parte dalle regioni del Settentrione, 12 milioni di tonnellate di latte, di cui soltanto il 9 per cento è destinato alla fornitura del prodotto per uso alimentare fresco o a lunga conservazione (Uht), il 40% alla caseificazione e il rimanente 40% ad altri usi industriali. Sei milioni di tonnellate servono per la produzione di formaggi Dop e di queste il 44% è indirizzato al Grana Padano, il 32% al Parmigiano Reggiano e il 24% alle altre Dop.

Pur detenendo il primato europeo come primo Paese produttore di formaggi Dop e Igp, l'Italia è deficitaria di latte e deve ricorrere all'import, sebbene il grado di dipendenza dall'estero si sia ridotto nell'ultimo decennio, passando da una capacità di auto-approvvigionamento del 70% nel 2014 al 78% del 2018. Complessivamente, anche per livello di efficienza, la filiera lattiero-casearia italiana si pone alle spalle di Francia, Germania e dei principali Paesi nord-europei. L'export italiano di prodotti lattiero-caseari costituisce il 4,7 per cento del totale delle esportazioni europee in termini di equivalenti latte (Me). La mozzarella è la regina dell'export caseario nazionale, con 100mila tonnellate vendute all'anno, il 25 per cento di tutte le esportazioni.
La concorrenza internazionale e il fenomeno dell'italian sounding, mettono tuttavia a dura prova, anche di nervi e con azioni azioni legali in numerosi Paesi stranieri, il pregiato settore italiano dei formaggi. La recente introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti colpisce al cuore i migliori formaggi nazionali, dal Parmigiano al Provolone, dalla Groviera al Gorgonzola. Lo Stato del Wisconsin compete face-to-face con l'intero made-in-Italy della formaggeria italiana. Nel Wisconsin si producono formaggi con nomi palesemente evocanti le tipicità nostrane: "asiago", "fontina", "parmesan", "mozzarella", "provolone". Per il Parmigiano Reggiano, gli Usa costituiscono il secondo mercato estero, dopo la Francia, e in esso sono allocati 10 milioni di chilogrammi con un prezzo medio di 40 dollari al chilo, che salgono di 20 euro a causa dei dazi, il cui livello di applicazione è ora del 20 per cento. L'80 per cento delle vendite in Italia di Parmigiano Reggiano avviene nella Gdo ma sta crescendo la sensibilità anche per le visite nei caseifici, nei quali si può acquistare direttamente negli spacci aziendali.


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