Ambiente

Restart Berceto: caso di riqualificazione delle aree interne modello per il Pnrr

Corrado Clini*

Il progetto messo a punto dall'Autorità di Bacino del Pc con un finanziamento di oltre 165 milioni punta a riqualificare un'area interna dell'Appennino grazie a economia verde e alla creazione di nuovi servizi

L’Autorità di Bacino del Po ha presentato il progetto pilota “Restart Berceto” per recuperare e riqualificare il territorio montano di Berceto (in provincia di Parma) e rivitalizzare un’area interna dell’Appennino, con un finanziamento di oltre 165 milioni per tre anni. Il progetto individua attività che hanno come driver comune l’economia verde per la creazione di nuovi servizi, nuove attività per la difesa e la protezione del territorio, la valorizzazione dell’agricoltura e della zootecnia di montagna, lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie per il risparmio dell’acqua e la tutela dell’ambiente e della salute, lo sviluppo dell’albergo diffuso e interconnesso con il ripristino del patrimonio abitativo pubblico e privato, l’insediamento di attività formative per lo studio e la gestione del patrimonio naturale e in particolare delle foreste, la produzione di energia elettrica verde attraverso la valorizzazione dei salti d’acqua, dei residui della manutenzione dei boschi e delle attività agricole e dall’idrogeno verde.

Restart Berceto è un progetto di riferimento e un modello replicabile per recuperare territori fragili ed esposti ai rischi degli eventi climatici estremi, che secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale riguardano il 91% dei Comuni. Frane e alluvioni sono l’effetto più evidente degli eventi climatici estremi, che sono aumentati negli anni in frequenza e intensità mettendo a dura prova un territorio molto vulnerabile con infrastrutture di protezione e drenaggio che risalgono a “età climatiche” con regimi di pioggia diversi, mentre l’intensa antropizzazione dei decenni scorsi ha ridotto la capacità naturale di adattamento, così come l’abbandono di gran parte dell’Appennino e la scarsa manutenzione dei corsi d’acqua e dei boschi hanno accelerato il degrado.

Nel dicembre 2012, quando il CIPE aveva approvato le “Linee strategiche per il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio”, era a rischio il 79% dei Comuni. Per la realizzazione degli interventi di prevenzione e recupero delle aree marginali vulnerabili era stato stimato allora un investimento di 40 miliardi in 15 anni. In otto anni i Comuni a rischio sono aumentati del 12%, ma gli investimenti per la prevenzione ammontano mediamente a circa 300 milioni all’anno. Mentre è di circa 2 miliardi la spesa media annuale per “rincorrere” le emergenze con interventi tampone che in larga misura non mettono in sicurezza il territorio.
Tutto questo a fronte di molti progetti nei cassetti delle Regioni e delle Autorità di Bacino, fermi per mancanza di finanziamenti e per la “naturale” inerzia delle procedure di valutazione e autorizzazione.

Il 20 febbraio 2019 era stato approvato con un DPCM il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, che prevedeva risorse per il triennio 2019-2021 pari a circa 10,9 miliardi. Ma i successivi decreti hanno messo a disposizione poco più di 3 miliardi, peraltro in gran parte non spesi. Eppure è evidente che le misure per la resilienza ai cambiamenti climatici rappresentano e rappresenteranno nei prossimi anni una misura infrastrutturale per la crescita sostenibile dell’Italia, ad alto valore aggiunto e con possibili effetti significativi per l’occupazione in particolare quella giovanile. E senza resilienza sono molto scarse le possibilità della transizione ecologica, che dovrebbe essere un pilastro di riferimento del PNRR.

Restart Berceto indica che la resilienza è una “missione” che integra gli interventi per la protezione dei territori vulnerabili con misure per la riqualificazione e lo sviluppo delle aree marginali. E’ auspicabile che il PNRR assuma la resilienza ai cambiamenti climatici come obiettivo prioritario. Sarebbe opportuno accompagnare il Piano con una linea guida per impiegare le scarse risorse alla tutela del territorio come volano per la realizzazione di progetti integrati per la resilienza.

*Visiting professor presso la Tshingua University di Pechino, ex ministro dell'Ambiente


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