Politiche Agricole

Attività connesse: l'imprenditore agricolo è ora custode del Ciclo della Vita

Stefano Vaccari*

A 20 anni dalla Legge di Orientamento le attività connesse in agricoltura passate da 6 a 12,5 miliardi di fatturato. Serve ora un nuovo step: gli agricoltori custodi dei beni sociali biodiversità e sostenibilità

L’evoluzione dell’Agricoltore è tutt’uno con l’evoluzione dell’agricoltura. I prodotti agricoli si sono nell’ultimo secolo arricchiti di valori nutrizionali, tecnologici e immateriali e le attività svolte nell’azienda agraria hanno sempre più sconfinato verso la fornitura di servizi ad altre imprese ed alla collettività, in un’osmosi tra mercato, territorio e imprenditore che avviene ogni giorno in ogni parte del mondo.

La funzione dell’agricoltura – e dell’impresa agricola – secondo il Codice civile del 1942, era quella di ottenere prodotti dal suolo e l’organizzazione aziendale, come ancora nel 2002 diceva la Corte di Cassazione, doveva strettamente ruotare intorno al “fattore terra”.

Sin dagli anni settanta è cresciuta la consapevolezza del ruolo degli agricoltori quali custodi del territorio. Oltre che produttori di derrate alimentari. Il Legislatore nazionale, nel 1985, ne dava timidamente atto nella legge sull’Agriturismo, consentendo agli imprenditori agricoli attività turistiche volte a favorire la conservazione e la tutela dell'ambiente.

Nel 2001 la legge di orientamento in agricoltura, rivoluzionando la figura dell’imprenditore agricolo, allargava enormemente i confini delle attività connesse a quelle agricole, specificando che tra esse vi erano anche quelle di «valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale».

A venti anni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge di orientamento, avvenuta il 15 giugno 2001, possiamo dire che il ruolo imprenditoriale dell’agricoltore, quale animatore e custode del mondo rurale e attore fondamentale per apportare al cibo ed al territorio i nuovi valori richiesti dai cittadini, è consolidato.

In questo ventennio il cibo è divenuto da alimento a fattore identitario, i servizi dell’agricoltura sociale si sono sviluppati in molti territori; la multifunzionalità e la vendita diretta sono divenute la prassi per le imprese agricole, favorendo una contaminazione tra mondo rurale e urbano straordinaria. Questo lo dobbiamo alle Imprenditrici ed Imprenditori agricoli italiani.

Ora siamo alla partenza di nuove sfide ambientali e sociali planetarie: quali ulteriori valori la Legge di orientamento potrà indicare per l’Imprenditore Agricolo del prossimo ventennio?

Possiamo già dare una risposta, basandoci su quattro elementi:

1) La sfida del Green Deal, che promuove un piano di azione europeo volto all’uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento;

2) Gli obiettivi della strategia “Farm to Fork”, che puntano a un nuovo e migliore equilibrio fra natura, sistemi alimentari e biodiversità: proteggere la salute e il benessere delle persone e, al tempo stesso, rafforzare la competitività e la resilienza dell'UE;

3) La necessità di dare concreta attuazione all’art. 13 del TFUE ove solennemente si afferma che UE e Stati membri «tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti», e in conseguenza di dare applicazione al reg. UE 625/2017 in materia di controlli ufficiali, per il riconoscimento di piena tutela al benessere degli animali con riguardo all’intera attività agricola;

4) Gli sviluppi delle nuove tecnologie genetiche, che delineano, specie attraverso le TEA, le Tecnologie di evoluzione assistita, nuovi orizzonti e nuove responsabilità nella scelta dei semi e delle piante da coltivare.

Si tratta di sfide enormi, ma l’Italia non parte da zero. Il Codice civile, all’articolo 2135 riscritto nel 2001, specifica, con una formulazione ancora di disarmante modernità, che «per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine».

Dunque, l’Imprenditore Agricolo è colui che ha cura di un ciclo biologico, di un ciclo della vita. E nel rispetto dei quattro elementi che tutta l’Europa deve avere come pilastro dell’agire agricolo, è sempre più il Custode di un Ciclo della Vita.

La nuova legislazione, oltre a rafforzare il ruolo attivo dell’Imprenditore agricolo nella cura e valorizzazione del territorio – e il successo dell’agricoltura italiana nel legare prodotti a territori è un punto di riferimento globale – dovrà inevitabilmente affrontare il tema dell’Imprenditore Agricolo quale Custode del Ciclo della Vita, riconoscendo all’attività agricola il valore sociale, oltre che economico, di azioni insostituibili a custodia del patrimonio di biodiversità, ambientale e di sostenibilità dell’intera Comunità umana.

La legge di orientamento del 2001 è stata un successo economico: in quindici anni, dal 2005 al 2019, il valore delle attività connesse in agricoltura è passato da 6 a 12,5 miliardi di euro. La sfida del Ciclo della Vita è una sfida di benessere e prosperità per le generazioni future, ma anche di maggiore redditività per le imprese di oggi.
*Direttore generale del CREA


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