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Agrisole-Conad: Puglia, nell'uva da tavola cresce l'aggregazione tra produttori

Vincenzo Rutigliano

Grossi passi avanti delle Op come testimoniano i dati della Camera di Commercio di Bari

Cresce in Puglia - terra di primati con il 55% di tutta la produzione nazionale di uva da tavola - l'aggregazione tra i produttori. Cresce soprattutto nel barese dove lo strumento Op sta facendo grossi passi avanti come testimoniano gli ultimi dati della camera di commercio di Bari: quelle ortofrutticole iscritte al registro delle imprese che svolgono attività commerciali sono infatti 17, seguite dalle 12 di Foggia, 7 di Lecce, 5 di Taranto e 3 di Brindisi. Anche se non alla velocità necessaria, le Op crescono e stabilizzano la filiera garantendo produzioni di qualità, controlli in campo sempre più serrati per rispettare i disciplinari della Gdo, vendite programmate, alleanze con i grandi gruppi commerciali che, meglio legati ai mercati, individuano, per tempo e correttamente, le tendenze dei consumatori finali. Sempre più produttori hanno compreso il ruolo che le Op hanno nel comparto e nella filiera anche sul piano dei rapporti con la Gdo. Quasi un terzo delle 17 Op sono concentrate a Rutigliano, nel sud est barese, una sorta di capitale mondiale dell'uva Italia. Si tratta di aziende storiche come le Op nate dagli Eredi Pietro Di Donna, dai Giuliano, o più recenti come la Op Pugliaviva scarl, nata nel 2011, con 40 soci diventati in poco tempo 60 e dati ancora in aumento. Di età e provenienza diversa - anche dai vicini comuni di Noicattaro, Turi, Adelfia - i soci di Pugliaviva sono un buon esempio di aggregazione consapevole, per convinzione insomma, non per "disperazione", cioè per assenza di alternative. Il fatturato è cresciuto sino a 15 milioni, vengono studiati il mercato di destinazione e le preferenze dei consumatori e così il prodotto è sempre collocato. Anche a costo di modificarlo in profondità nella terra dell'uva con semi, la "Italia" che rappresenta il 40% delle varietà coltivate in Puglia con circa 5,5 milioni di quintali in media prodotti ogni anno. "Negli ultimi 3 anni -spiega il presidente della Op, Vito Lamascese - la produzione di uva senza semi è passata da zero al 50% del totale, proprio perchè in una logica di filiera devi allinearti alla richieste dei consumatori". Nei 3 poli viticoli pugliesi - il tarantino che conta quasi 12.000 ettari dei 26.950 certificati in tutta la regione dall'Istat, seguito da quello barese (10.00 ettari) e della Bat (4.00 ha.) - l'aggregazione dei produttori è la risposta più utile per superare alcune delle criticità classiche del comparto: ridotte dimensioni aziendali, sia fisiche che economiche, costi elevati di produzione, offerta di prodotto spesso indifferenziato, produzioni non programmate, nessun dato statistico su andamento superfici coltivate, catasto varietale, rapporto uve apirene/uve con semi, produzioni/ha. per singola varietà, e così via. Sul piano dell'aggregazione dal sud est barese viene addirittura un esempio di Op transnazionale, grazie alla scelta, fatta negli anni 90 dalla Giuliano PugliaFruit srl di Turi, di entrare in rete con la spagnola San Lucar, guidata dall'imprenditore tedesco Stephan Roetzer. Nel 2017 l'azienda pugliese è diventata Op, associando a sè tutti i maggiori produttori di uva da tavola dell'area, dunque soci non più semplici fornitori, e partecipa quindi all'altra Op spagnola, che fattura 400 milioni di euro l'anno ed è tra i più importanti gruppi societari ortofrutticoli al mondo con clienti nella Gdo internazionale. Cresciuta la dimensione aziendale -70 milioni di fatturato per metà ottenuto all'estero, 1400 addetti stagionali nell'anno, stabilimento di 30.000 mq. di cui metà in celle frigo, 1500 ettari di sau aggregata, di cui 1000 dei fratelli Giuliano - la Op ha puntato con forza - spiega Sergio Maino, dg di Giuliano Pugliafruit - sulla diversificazione varietale con nuove cultivar di uva da tavola, sul potenziamento in chiave industriale di coltivazioni e lavorazioni, sull'export e su processi produttivi sempre più sostenibili".


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