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Agribusiness, così Iccrea BancaImpresa vince la sfida dell'innovazione

Il comparto è ben sostenuto da cospicui aiuti e interventi pubblici, in particolar modo quelli della Ue, se si pensa che oltre il 40% dell'intero bilancio comunitario è dedicato proprio al settore primario

Il mondo è sempre più piccolo: non per la geografia, ovviamente, ma certamente per l'economia. L'internazionalizzazione del mercato e la necessità di innovare i già elevati standard produttivi sta ponendo al settore agroalimentare sfide senza precedenti che necessitano di visione, coraggio e strategia ma anche un concreto e fattivo supporto da parte di consulenti capaci di fare rete.
Il comparto è ben sostenuto da cospicui aiuti e interventi pubblici, in particolar modo quelli dell'Unione Europea se si pensa che oltre il 40% dell'intero bilancio comunitario è dedicato proprio al settore primario, con un focus particolare alla realizzazione di investimenti sempre destinati al rafforzamento delle filiere di appartenenza.
La forte regolamentazione delle attività, sia per la tutela della concorrenza ma soprattutto per la protezione dei consumatori, ha comportato la necessità di una profonda conoscenza del quadro normativo da parte degli operatori. E queste norme variano, a seconda delle filiere e del mercato, comportano quindi costi crescenti in termini di acquisizione di competenze ed aggiornamento professionale. La ridotta dimensione delle imprese agricole e agroindistriali del nostro paese, punto di forza per valorizzare la grande varietà di prodotti che attraversa lo stivale (basti pensare al record delle denominazioni / certificazioni riconosciute – circa 300 DOP - che spetta all'Italia), diventa però un limitante fattore di debolezza, per quanto riguarda l'approccio ai mercati esteri, quando si tratta di affrontare investimenti (sempre più spesso integrati fra aziende di produzione e di trasformazione) che siano in grado di moltiplicare il valore delle produzioni.
Un esempio? Il vino è da sempre una delle produzioni di eccellenza dell'Italia. Questo fa sì che, a livello di quantità, riusciamo ad essere il primo paese al mondo in termini di export. All'ultimo Vinitaly si è registrata una massiccia presenza di buyers da tutto il mondo - dagli Stati Uniti all'Est asiatico - interessati a consolidare o intraprendere nuove relazioni commerciali con i nostri produttori. La qualità delle nostre bottiglie, apprezzata all'estero come una delle eccellenze italiane e per tutti i livelli di prezzo, è assolutamente paragonabile a quella francese e qualitativamente decisamente superiore rispetto ai vini di ogni altro paese al mondo. Tuttavia, a livello di valore, non esprimiamo il nostro potenziale e siamo ancora posizionati su segmenti di prezzo inferiori, facendoci così sopravanzare dai cugini d'oltralpe in termini di fatturato complessivo.
Le leve per sviluppare e valorizzare pienamente le imprese agroalimentari in Italia riportano alla necessità di ampliare la dimensione delle imprese che svolgono l'attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti (ad esempio mediante la costituzione di Reti d'Impresa), favorendo una maggiore flessibilità e integrazione con il settore produttivo (si pensi che oltre il 75% delle produzioni agricole del paese vengono trasformate dall'industria alimentare Italiana). La competenza multipla, con una visione complessiva sia di filiera che di mercato, è una delle chiavi di successo dei progetti di internazionalizzazione e innovazione. Occorre conoscere le diversità dei mercati di sbocco dei prodotti alimentari, non solo in termini normativi locali e commerciali, ma anche culturali: servono approcci diversi a seconda della destinazione, con proposizioni commerciali del valore che mutino a seconda del contesto. Non è possibile generalizzare l'approccio, né pensare che una modalità standard del go-to-market vada bene per tutti i prodotti a qualunque latitudine.
La complessità dell'approccio richiede un'attenzione sia nell'operatività ordinaria sia in quella straordinaria (si pensi, ad esempio, alle soluzioni assicurative per mitigare i rischi legati ai fenomeni climatici). Tale sensibilità è propria della rete degli specialisti di Iccrea BancaImpresa, la società corporate del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea che, grazie ad una visione globale dei problemi del settore e alla conoscenza delle specificità dei mercati internazionali, sono in grado di affiancare efficacemente le aziende sia per la realizzazione di investimenti, sia nella gestione ordinaria che in quella emergenziale.
Il neo costituito "Club Agribusiness", community creata da Iccrea BancaImpresa che mette insieme le competenze degli specialisti della Banca insieme alle figure professionali individuate all'interno delle Banche di Credito Cooperativo del Gruppo, si prefigge l'obiettivo di mettere a fattor comune ed approfondire la conoscenza delle singole Filiere appartenenti all'intero settore al fine di delineare strategie operative per accompagnare, mediante la consulenza e un adeguato supporto finanziario, le imprese agroalimentari nel processo di ulteriore miglioramento degli standard produttivi a vantaggio della qualità, dei margini economici e del consolidamento, del posizionamento e ampliamento dei mercati esteri e domestico. Le Banche di Credito Cooperativo sono autonome circa la gestione della loro operatività ma necessitano di supporto al fine di delineare le strategie per un approccio più strutturato quando si tratta di affrontare progetti complessi come quelli sostenuti dall'Unione Europea e dallo Stato Italiano. Le risorse comunitarie e nazionali sono infatti frequentemente destinate a coprire investimenti di filiera sempre più integrate, con strumenti che spesso coinvolgono imprese operanti su più territori regionali. Oltre la metà dei "Contratti di Filiera e di Distretto" presentati al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo, sono seguiti da Iccrea BancaImpresa insieme alle Banche di Credito Cooperativo, riguardano investimenti, che verranno realizzati da imprese appartenenti a filiere dislocate su più regioni, al fine di rispettare il criterio della multiregionalità previsto dal Decreto, per il miglioramento delle produzioni agro-alimentari che andranno sempre più a vantaggio del miglioramento dell'offerta sui mercati nazionali ed esteri (es. prodotti di IV e V gamma, BIO, Antibiotic Free, ecc.), del miglioramento dei processi di trasformazione (es. miglioramenti in tecnologia destinati ad elevare sempre più gli standard produttivi) che ambientali (es. progetti destinati a ridurre i consumi di risorse primarie soprattutto per le imprese più energivore).
Insomma, il mondo si è veramente rimpicciolito, anche se questo ha paradossalmente aumentato la complessità. Per vincere le sfide dell'innovazione e dell'internazionalizzazione occorre prepararsi e scegliere consulenti che siano in grado di affiancare con professionalità l'impresa per il raggiungimento di questi obiettivi con una visione a 360° e un network in grado di coprire tutte le competenze necessarie.


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