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Zaccheo (Carpineto): possibile investire in nuovi vigneti solo grazie all’abbandono

Giorgio dell’Orefice

Il co titolare dell’azienda simbolo del Nobile di Montepulciano: il sistema delle autorizzazioni è un fallimento, un’impresa può crescere solo rilevando superfici da viticoltori che lasciano il settore

«A salvarci è l'abbandono! So bene che un viticoltore che lascia il settore non è una notizia da salutare con gioia, ma è la pura verità. Una cantina che vuole crescere e aumentare la dimensione dei propri vigneti può solo sperare di incontrare nella propria zona un produttore deciso a uscire dal settore. E questo perché il sistema delle autorizzazioni all'impianto non funziona. O comunque non è certo ritagliato sulle esigenze delle imprese».

Ne è convinto, Antonio Mario Zaccheo cofondatore con Giovanni Carlo Sacchet di Carpineto azienda simbolo del Nobile di Montepulciano (ma attiva anche in altre importanti denominazioni toscane come quelle del Brunello di Montalcino e del Chianti classico) e che oggi gestisce l'azienda insieme alle due figlie di Sacchet: Elisabetta (co-amministratrice) e Caterina (enologa).

Carpineto proprio nell'area tra Montepulciano e Chianciano detiene la maggior parte delle proprie superfici (184 ettari sui complessivi 500 per 3,5 milioni di bottiglie e un giro d'affari di circa 14 milioni di euro realizzato per il 90% all'estero) e si candida a svolgere per la Docg del Nobile quel ruolo guida che diverse grandi aziende hanno svolto in altre importanti denominazioni dando un contributo decisivo nello sviluppo delle aree e dei territori.

Un ruolo guida soprattutto dal punto di vista degli investimenti. Secondo un'elaborazione del Consorzio di tutela del Vino Nobile di Montepulciano negli ultimi 15 anni tra cantina e vigneto sono stati effettuati dalle 76 aziende della Docg oltre 340 milioni di euro di investimenti euro. E Carpineto è di certo stata tra queste e continua ad esserlo visto che ha da poco avviato lavori proprio nell'area tra Montepulciano e Chianciano che tra nuovi impianti e ristrutturazioni coinvolgono 15 ettari di vigneto oltre a un investimento da 2 milioni di euro messo in campo a fine estate per la cantina quartier generale di Greve in Chianti dove si conta di raddoppiare (entro un anno) gli spazi ampliando la capacità di stoccaggio, i locali per l'invecchiamento e la capacità di imbottigliamento.

Nei nuovi vigneti le varietà che saranno impiantate saranno quelle classiche: Sangiovese, Canaiolo, Cabernet. «Il nostro Igt Toscana, il Dogajolo – aggiunge l'amministratore di Carpineto – sta continuando ad avere un ottimo riscontro di mercato, ha tagliato il traguardo del milione di bottiglie e copre ormai il 20% della nostra produzione».

Insomma i nuovi investimenti seguono il solco della tradizione e non risentono degli ultimi dati sull'export made in Italy che invece parlano di una difficoltà dei vini fermi italiani e di vendite all’estero trainate solo dagli spumanti. «A noi queste difficoltà non risultano – spiega Antonio Mario Zaccheo – anzi, a ottobre 2018 abbiamo registrato una crescita delle vendite negli Usa del 20% circa. Se queste sono difficoltà…Per questo noi vorremmo invece continuare a crescere ma incontriamo grandi difficoltà nella burocrazia. Il sistema delle autorizzazioni all'impianto non premia le imprese che vogliono investire. Lo scorso anno dopo una lunga trafila burocratica ci hanno autorizzato l'impianto di nuovi vigneti per 8mila metri quadri. Non ha neanche senso cominciare i lavori. Insomma se non fosse per viticoltori che abbandonano l'attività non avremmo alcuna possibilità di effettuare gli investimenti programmati e far crescere la nostra azienda».

Carpineto quindi rilancia la propria scommessa sull'area di Montepulciano. «A Montepulciano siamo presenti dagli anni '80 quando prendevamo in affitto cantine o imbottigliavamo vino prodotto da uve acquistate – aggiunge – la nostra azienda l'abbiamo fondata solo nel '96 e da allora abbiamo seguito la logica degli investimenti continui ma a piccoli passi».

Ma la denominazione non è cresciuta solo per l'azione di Carpineto, nell'area altre etichette di spessore che in questi anni hanno fatto da traino sono state tra le altre Avignonesi di Virginie Saverys o la Braccesca di Antinori. A queste aziende guida va poi aggiunta l'importante azione svolta dal Consorzio di tutela del Nobile di Montepulciano che è riuscito a mettere in piedi iniziative di promozione congiunta all’estero con Brunello e Chianti classico dando così un importante impulso alla percezione del Nobile come uno dei tre grandi rossi toscani. «Noi anni fa abbiamo puntato su quest'area perché pensavamo che il Nobile avesse grandi potenzialità inespresse – dice ancora Zaccheo -. All’epoca era il principale concorrente del Chianti, ed era considerato un vino di fascia medio bassa. Invece il terroir è molto simile a quello di Montalcino, le varietà sono le stesse, insomma non c'erano motivi perché non potesse effettuare un salto di qualità. Un percorso che abbiamo condiviso con tanti altri produttori. La nostra principale intuizione è stata quella di produrre esclusivamente un Nobile Riserva che a noi appariva la strada migliore per accreditare il nostro vino come un'etichetta di pregio».

E a distanza di anni i riconoscimenti non stanno tardando. Appena qualche giorno fa il Nobile Riserva di Carpineto si è classificato all'11mo posto tra i migliori 100 vini del mondo secondo Wine Spectator. Un bel riconoscimento. «Una bella sorpresa» conclude Zaccheo.


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