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La Doria, Ferraioli: «Utile 2017 a 30 milioni, ora puntiamo ai mercati degli Stati Uniti»

Silvia Marzialetti

Approvato il bilancio 2017: fatturato a 669 milioni. Brexit superata: «Solo un problema iniziale di currency». La linea del pomodoro cede la leadership a quella vegetale

«Continuiamo a consolidare la nostra posizione nei mercati in cui siamo storicamente presenti e che, a differenza dell'Italia, continuano a crescere. Puntiamo a conquistare nuove fette di mercato negli Stati Uniti, dove abbiamo una presenza debole, nel sud-est asiatico e in Cina». Antonio Ferraioli, presidente del gruppo La Doria, leader nella produzione di derivati del pomodoro, sughi pronti, legumi, succhi di frutta a marchio della grande distribuzione, delinea i futuri scenari della società.
Sessantaquattro anni, padre di tre figli, amante di cinema, libri e sport, l’imprenditore campano sembra soddisfatto: «Nonostante i difficili scenari di mercato, nel 2017 abbiamo raggiunto risultati migliori del 2016».
Competitor agguerriti, Brexit, cambio sfavorevole euro-sterlina: nonostante le premesse poco incoraggianti, l'azienda quotata in Borsa dal 1995 ha raggiunto risultati superiori alle previsioni, in termini di fatturato e di volumi. «Merito di una strategia che ha puntato sull'efficienza produttiva, per tenere bassi i costi, e che ha dedicato grande attenzione ai mercati internazionali», commenta Ferraioli.

Il bilancio 2017
Ricavi consolidati a 669,1 milioni
in crescita del 2,4% (+6,2% a cambi costanti), Ebitda a 60,1 milioni (+6.7), Ebitda margin dall'8,6 al 9%, Ebit a 41,6 milioni (+4,3%) con margine stabile al 6,2 per cento. L’assemblea degli azionisti ha appena approvato il bilancio 2017 con utile a 30,4 milioni (-9,8% rispetto al 2016, su cui avevano però influito gli effetti dei proventi sui cambi per 8,9 milioni).
La capogruppo La Doria ha realizzato un fatturato di 418,3 milioni (+2,2%). Il risultato operativo lordo e' stato pari a 47,4 milioni in aumento rispetto ai 39,9 milioni del 2016, dell'esercizio precedente. L'utile netto si e' attestato a 24 milioni, in aumento rispetto all'utile netto di 16,1 milioni conseguito al 31 dicembre 2016. I debiti finanziari sono passati a 80,1 milioni di euro in diminuzione rispetto ai 102,7 milioni registrati al 31 dicembre dell'anno precedente.
Risultati che stupiscono, considerata la difficile congiuntura nei Paesi con cui l’azienda ha un rapporto privilegiato, come il Regno Unito, dove La Doria è leader nell’esportazione di derivati del pomodoro e legumi conservati a marchio private label.
«In Gran Bretagna - racconta Ferraioli - c'è stato all'inizio un problema di currency, poi la situazione si è assestata su valori medi di cambio che, se andiamo a vedere, non sono tanto lontani dalla media storica. Superati i contraccolpi della Brexit, l'unico rischio per la nostra azienda potrebbe essere rappresentato da eventuali dazi sui prodotti semilavorati come sughi e legumi».
Proprio la linea verde ha ottenuto nell’ultimo periodo risultati sorprendenti, scippando la leadership a quella rossa tanto nel bilancio del gruppo (con una quota del 27,6%), quanto della capogruppo (con una quota del 37,3%).
«In generale - conclude Ferraioli - per interloquire con profitto con la Gdo, occorre garantire altissimi livelli qualitativi, producendo a basso costo, ricorrendo a economie di scala».



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