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Agrisole-Conad: lattiero-caseario, Prandini: «Puntare sull'export come Paese»

Roberto Faben

Ultimo appuntamento a Reggio Emilia per il grande viaggio insieme. Francesco Pugliese, ad Conad«Siamo parte attiva nella costruzione di un territorio e ci piace essere i più grandi dei piccoli»

La costruzione e valorizzazione del percorso di produzione di un prodotto di qualità, ossia di una filiera, passano attraverso la costruzione e la valorizzazione di un territorio, con le sue relazioni e le sue comunità. È il messaggio che sortisce dalla tappa conclusiva, a Reggio Emilia, centro nevralgico del settore lattiero-caseario, de "Il Grande Viaggio Insieme" di Conad, che ha esplorato l'Italia delle principali filiere agro-alimentari, incontrando produttori, consorzi, associazioni, sindaci. Ciò per individuare prospettive e progetti in grado di dare slancio alle eccellenze alimentari italiane attraverso un approccio di relazioni territoriali che faccia incontrare l'intreccio reticolare delle filiere nazionali con la rete distributiva, senza perdere di vista il più ampio contesto del mercato globale, con cui inevitabilmente si devono fare i conti.
Come ha sottolineato Aldo Bonomi, direttore del consorzio Aaster, che ha condotto gli approfondimenti sulle principali filiere messe sotto la lente di ingrandimento socio-economica, «a fronte della commoditizzazione e della politica dei dazi, le filiere del made in Italy si trovano nel mezzo tra la difesa della loro identità e una geopolitica turbolenta. L'identità si costruisce e si mantiene nelle relazioni tra tutti gli anelli della filiera e sono solo nella fase della distribuzione finale. Il contesto è quello del rapporto tra le reti corte di prossimità e le reti lunghe dei mercati». Nelle parole del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, si tratta di tradurre in fatti «l'incontro tra comunità operose e comunità della cura, per attenuare gli effetti della comunità del rancore».

«Siamo parte attiva nella costruzione di un territorio e ci piace essere i più grandi dei piccoli» ha osservato Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad. «Per fare un esempio significativo sulla nostra valorizzazione della filiera lattiero-casearia, siamo i primi venditori di Parmigiano Reggiano da almeno sette anni, nella fascia alta della qualità. Non abbiamo mai fatto aste al ribasso, perché la reputazione si acquisisce con i fatti concreti». Il Parmigiano Reggiano è tra le maggiori Dop storiche della formaggeria nazionale e, se si sta confrontando con una spietata concorrenza statunitense condotta attraverso la politica dei dazi e la confusione svalorizzante giocata dall'italian sounding, sta traducendo in realtà un piano d'azione per passare dalla promozione di un nome che identifica un prodotto, a un brand. «La marca racchiude una serie di valori che dobbiamo rendere espliciti» ha spiegato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano. «Tutti i protagonisti della filiera del Parmigiano Reggiano devono attuare scelte coerenti con questi valori».
Ad essere coinvolti in questo processo innovativo sono 2.620 micro-produttori di latte che conferiscono il prodotto a circa 330 caseifici con il successivo passaggio delle consegne a stagionatori, porzionatori e confezionatori. «Cinque sono i valori di riferimento nel manifesto della marca – ha aggiunto Bertinelli –, ossia territorio, ambiente, benessere animale, comunità allargata degli operatori della filiera (formata da circa 50mila addetti) e rapporto del prodotto finale con il benessere del consumatore. Il consorzio non si occuperà mai della commercializzazione, ma rappresenterà la cabina di regia per tutti gli addetti della filiera».


In Italia 3,5 milioni di famiglie sono fidelizzate all'acquisto di Parmigiano Reggiano, 3,9 milioni al Grana Padano e 14,2 milioni all'uno e all'altro. «L'obiettivo del Consorzio – ha concluso il presidente Bertinelli – è quello di aumentare, anche attraverso elementi di riconoscibilità immediata nel packaging, la riconoscibilità del prodotto, dato che ancor oggi talvolta il consumatore non lo distingue dagli altri grana».
Se anche la filiera lattiero-casearia italiana, oltre alla presenza di attori di grandi dimensioni, è formata da una galassia di piccoli produttori di qualità, per il suo slancio e la sua promozione, soprattutto, all'estero, non occorre perdersi in campanilismi o in micro-offerte di una pluralità di prodotti diversi. È il pensiero di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. «Dobbiamo puntare sull'export come sistema Paese – ha detto Prandini –. È altamente inefficace proporsi alla Gdo straniera come singoli territori, Regioni o Camere di commercio, ma bisogna agire come sistema organizzato. Solo così anche i prodotti meno noti ma di alto valore aggiunto avranno speranze di promozione e visibilità. Fondamentali sono anche il potenziamento del sistema logistico, delle infrastrutture e dei trasporti e la programmazione di un piano di breve e medio periodo». Il settore lattiero-caseario italiano sviluppa un volume d'affari di 16 miliardi di euro, di cui 2,7 miliardi realizzati con le vendite estere.


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