Filiere

Agrisole-Conad: certificazioni ambientali e giovani per rilanciare la zootecnia italiana

Roberto Faben

L'attenzione dei produttori ai marchi Ue a ai percorsi di sostenibilità alla base del nuovo rapporto della filiera con la grande distribuzione dove vince il prodotto "Glocal"

Anche le letture sociologiche possono essere un interessante supporto per interpretare presente e futuro di un settore di notevole peso economico nell'agroalimentare e nella geografia attuale dei consumi, come quello della zootecnia e delle carni, che fattura in Italia circa 30 miliardi di euro, di cui 20 miliardi dall'industria della trasformazione. Il sociologo Aldo Bonomi, direttore del consorzio Aaster di Milano, autore della ricerca commissionata da Conad e i cui risultati, anticipati da Agrisole, sono stati discussi nella tappa modenese de "Il grande viaggio insieme", svoltasi al Teatro Michelangelo della città emiliana, ha invitato a riflettere sulle grandi trasformazioni che hanno portato a un punto di svolta nella globalizzazione, quello attuale.

È necessaria non solo una riconsiderazione del rapporto tra mercati globali e locali, ma anche «degli equilibri tra fabbisogni alimentari e limiti ecologici e allo sviluppo – ha sottolineato l'esperto –, elementi che chiamano in causa questioni di carattere socio-culturale, etico e religioso». I comportamenti alimentari e gli stili di consumo stanno cambiando e se la maggior parte degli acquisti di carne passa attraverso il canale della Gdo, si sta affacciando un diverso atteggiamento dei consumatori, che rivendica e sta ottenendo interfacce da parte dei produttori di una filiera che coinvolge i segmenti dell'allevamento, della macellazione, della lavorazione e trasformazione, della distribuzione e della logistica, della produzione mangimistica.

Se, fino a grossomodo gli anni Ottanta del '900, si chiedeva soprattutto quantità senza andar per il sottile, ora la domanda del consumatore si orienta in misura sempre maggiore e precisa sulla valutazione di uno spettro più complesso di variabili – ecosostenibilità, scelta delle materie prime, tracciabilità, informazioni trasparenti, etica del lavoro – riassumibile nel concetto di qualità. E se i produttori, per accedere alla fornitura alle piattaforme delle Gdo hanno dovuto ottenere un ampio portfolio di certificazioni, ora è necessario un più vasto ripensamento.

Ne è un esempio il percorso intrapreso dal Consorzio Prosciutto di Parma, il cui volume d'affari, forma il 40 per cento di quello complessivo del settore della salumeria Dop italiana. Esso, come fa risaltare il presidente Vittorio Capanna, «ha messo in atto una revisione del disciplinare di produzione che punta a coinvolgere l'intera filiera produttiva, dall'anello agricolo a quello dell'allevamento suinicolo fino a quello della macellazione, per riportare il prosciutto di Parma alla sua reale e giusta dimensione, alla sua identità originaria, ossia quella di una produzione che è venuta eccessivamente a patto con la quantità e ha allentato il legame con la differenziazione e le origini».

Se l'Italia è territorio che spicca per le specificità locali, occorre anche rinforzare i legami con le comunità locali. È il messaggio di Francesco Avanzini, direttore generale di Conad. A Modena, che brilla nel settore delle carni come realtà leader in Italia e anche in Europa, dato il livello di export, oltre a realtà dimensionalmente importanti dal punto di vista dei numeri economici, operano anche piccoli produttori, che fanno qualità attraverso filiere specifiche. «Bisogna riflettere sul rapporto tra il disegno dei consumi e il disegno delle comunità locali – dice Avanzini –. Tanti piccoli produttori possono diventare grandi in casa Conad, nell'ambito di una trasformazione che coinvolge tutti, anche i grandi produttori: se si è riscontrato un tendenziale calo dei consumi negli ultimi anni, il settore delle carni è tra quelli che hanno manifestato i maggiori investimenti in qualificazione, dal punto di vista di contenuti di servizio, filiera, prospettive sui mercati esteri».

Un altro importante fattore di cambiamento di cui tenere presente per il futuro prossimo è il cambiamento generazionale. Le esperienze di ricerca che sta conducendo il Rem-Lab, dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, rilevano che tra le giovani generazioni sta crescendo, anche con intenti propositivi all'attenzione delle aziende e dei gruppi imprenditoriali, la sensibilità verso valori nuovi. Esiste un rapporto proporzionale tra giovane età e attenzione ai valori di sostenibilità, economica, sociale e ambientale, delle merci, come le carni. E il pubblico dei giovani consumatori è quello che manifesta la maggior propensione a cambiare marca, qualora il prodotto non soddisfi.


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