Filiere

Agrisole-Conad: qualità e animal welfare, "marchi" made in Italy nel mercato globale

Roberto Faben

Domani a Modena la tappa dedicata alle sfide che attendono la filiera zootecnica. In Italia gli allevamenti hanno tenuto nonostante un calo dei consumi durato 6 anni che ora vede la ripresa

La filiera italiana delle carni, sta attraversando un intenso fenomeno di trasformazione e modernizzazione che affronta un ventaglio di sfide, in un contesto implicante numerose variabili economiche e modelli di azione, ma anche nel più ampio quadro dei cambiamenti socio-culturali in atto, come l'accresciuta sensibilità dei consumatori verso la qualità dei prodotti in funzione della salute, l'animal welfare – ossia il benessere degli animali – e l'impatto ambientale. È il focus del "Grande viaggio insieme" Conad 2019, di cui sono protagoniste le filiere agroalimentari, che domani farà tappa a Modena al Teatro Michelangelo, con la presenza, insieme a diversi esperti del settore, di Francesco Pugliese, ad di Conad, e del sindaco della città, Gian Carlo Muzzarelli.

Nel corso dell'evento, saranno presentati i risultati di un'indagine socio-economica commissionata da Conad al Consorzio Aaster, diretto dal sociologo Aldo Bonomi, nel quale emerge la complessità di un tema le cui interconnessioni con gli scenari delle problematiche e del cambiamento a livello mondiale si manifestano negli spaccati locali. La scelta di Modena per presentare la ricerca, infatti, non è casuale, essendo un distretto delle carni dove si concentrano numerose imprese sia di medio-grandi dimensioni sia di carattere artigianale che si occupano di lavorazioni delle carni, basti pensare alle 3 Dop esclusivamente modenesi, Prosciutto di Modena Dop, Zampone di Modena Igp, Cotechino di Modena Igp. Il distretto modenese manifesta numeri tra i più interessanti di questa filiera nazionale, come la progressiva crescita della domanda estera, 660 milioni di euro nel 2018, al primo posto e davanti a Verona e Parma.

Puntando lo sguardo sui principali parametri di inquadramento del settore carne a livello nazionale, il consumo medio pro-capite di carne in Italia resta tra i più bassi a livello europeo, 79 chilogrammi l'anno, rispetto ai 109,8 dei danesi, 101 dei portoghesi, 99,5 degli spagnoli, 85,8 dei francesi, 86 dei tedeschi. Se si osserva il trend storico, tuttavia, nel 1961 il consumo pro-capite degli italiani era soltanto di 31 chilogrammi. Va detto anche che, anche in Italia, come peraltro in altri Paesi occidentali, si stima che circa il 7-8 per cento della popolazione segua, con più o meno continuità, stili alimentari vegetariani e vegani.

Nella nazione, secondo dati Istat, dopo 6 anni di calo, la spesa delle famiglie per l'acquisto di carne, è di nuovo aumentata. Sui quasi 100 euro medi spesi mensilmente dalle famiglie per questa voce, 31 euro sono destinati alle carni bovine, 10 a quelle suine, 18,7 al pollame e 23,9 ai salumi. A livello mondiale, secondo dati Fao, il consumo di carni si è moltiplicato, passando dai 45 milioni di tonnellate del 1950 ai 330 milioni del 2018; e nel 2050 si stima il raggiungimento di 500 milioni di tonnellate, anche per l'incremento della domanda dei Paesi in via di sviluppo. Il trend evidenzia che si acquista, nel panorama planetario, meno carne rossa (manzo e maiale) e più pollame.

Tornando all'Italia, la consistenza degli allevamenti, intesa come numero di capi allevati, è rimasta costante per bovini, ovini e suini, con costante calo degli equini e costante crescita dei bufalini. I numeri sulle macellazioni, tuttavia, evidenziano un drastico decremento da anni su tutte le principali specificità zootecniche. Per i bovini, la destinazione produttiva è nettamente sbilanciata a favore dei capi da latte. Interessanti sono le nicchie delle razze autoctone, come la Mora Romagnola o il Nero dei Nebrodi in Sicilia, allevati sovente al pascolo o allo stato brado e con metodi bio e bio-dinamici, e circuiti di distribuzione locali e specifici, come la piccola ristorazione e gli agriturismi.

Per quel che riguarda le problematicità del settore nel suo complesso e della filiera, gli operatori ed esperti intervistati da Aaster mettono in luce il fatto che, nonostante varie realtà abbiano fortemente investito sul miglioramento del benessere degli animali negli allevamenti e sulle produzioni antibiotic free, la strada da percorrere è ancora lunga e l'Italia è in ritardo rispetto ai Paesi produttori del Nord Europa. Soggetta a sempre maggior attenzione è anche la zootecnia di precisione – tecnologie di allevamento 4.0 – che implica investimenti ad esempio in macchine evolute con elevati livelli di meccatronica per la raccolta dei foraggi, robot di mungitura, sensori, automazioni varie con l'ausilio di software specifici. Fondamentale è, inoltre, il tema dell'integrazione di filiera, tra aziende trasformatrici, allevatori e macellatori, con ruolo cardine anche della Gdo, in quanto canale in grado di trasferire la conoscenza acquisita dalla relazione diretta col cliente, agli operatori.


© RIPRODUZIONE RISERVATA