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Agrisole-Conad: l'export di uva da tavola pugliese a rilento tra ritardi e maltempo

Vincenzo Rutigliano

Il calo in avvio di campagna si aggiunge ai dati negativi del 2018. Perso il mercato russo da 150 milioni di consumatori, la filiera deve fare i conti con il forte aumento degli arrivi di prodotto extra-Ue

Export di uva da tavola pugliese a rilento. Complice il ritardo di maturazione provocato dal maltempo primaverile (freddo, vento, nubifragi e grandine a maggio) e la flessione produttiva che ne è seguita e che si è attestata, in media, sul 15% rispetto all'anno scorso, l'uva pugliese ha un andamento, sui mercati esteri, che Giacomo Suglia, presidente di Apeo (associazione che raccoglie quasi 70 esportatori della regione) e numero 2 di Fruitimprese, definisce «lento, molto lento». Andamento in linea con la flessione produttiva verificatasi e legata anche alle minori superfici investite in questa coltura che, in Puglia, esprime il 70% della produzione italiana pari a 1,4 milioni di tonnellate. L'export è dunque in flessione tra il 15 ed il 20% rispetto al 2018 ed è così anche in mercati di sbocco tradizionali come la Germania "preda" della inarrestabile concorrenza spagnola e del calo dei consumi.

Uva extra-Ue e barriere fitosanitarie in Cina

Perso il mercato russo con i suoi 150 milioni di consumatori, l'uva da tavola pugliese si misura con l'arrivo, in Europa, di tanta uva extra comunitaria, con il risultato che la flessione registrata in queste prime settimane della campagna 2019 si aggiunge ai dati negativi dell'export 2018. Occorre reagire aggredendo nuovi mercati. «Cerchiamo di incrementare il più possibile – dice Suglia – i rapporti con alcune aree come il Golfo Persico (in particolare gli Emirati Arabi, l'Arabia Saudita) il Brasile, il Cile. Abbiamo riaperto il mercato canadese, grazie proprio all' impegno di Apeo, superando alcuni problemi fitosanitari. Per questo abbiamo chiesto al ministro Centinaio di lavorare all'apertura dei mercati orientali per abbattere le barriere fitosanitarie con Cina, Vietnam, Indocina.Certo non è facile, ma la Spagna con la Cina per l'uva c'è riuscita».

L'Italia non ancora, e se tutto va bene – complici l'instabilità politica e l'improvvisazione con cui il Governo affronta la promozione all'estero dell'ortofrutta italiana – se ne riparlerà tra 2-3 anni. Eppure il mercato mondiale dell'uva da tavola, per produzione e consumo, è ormai sempre più Asiacentrico.Lo sanno tutti: lì c'è una classe media con nuove abitudini alimentari che, nel 2030, spenderà il triplo di oggi per fare la spesa di qualità. Si produce in territori prima inaccessibili e dunque impensabili, e questo significa allargare i calendari di produzione con uva estera che si sovrappone a quella italiana. Così accade che tra la 35esima settimana (metà ottobre) e la 25esima (giugno) l'uva da tavola italiana deve vedersela, nell'ordine, con quella brasiliana, peruviana, sudafricana,argentina, cilena.

Export: servono aziende strutturate. Il caso PugliaFruit

Servono aziende strutturate per organizzare relazioni stabili. Quelle pugliesi sono per lo più piccole e medie, con alcune eccezioni. Come per PugliaFruit, azienda ortofrutticola di Turi, nel barese, che ottiene all'estero il 60% del suo fatturato, è presente da anni sui mercati esteri ed è pure socia di una Op transnazionale, la San Lucar (400 milioni di fatturato annuo). Vista da Nicola Giuliano, ad della srl che fattura 70 milioni quasi tutti derivanti da produzione e commercio di uva da tavola (60% del totale), il rallentamento 2019 ha molte cause. Non è solo un problema di qualità del prodotto che, grazie al caldo esploso nei mesi di giugno e luglio, ha recuperato ed è ugualmente buono, croccante, con ottimo grado zuccherino. Pesa la perdita del mercato spagnolo con gli iberici che si allargano sempre di più non solo in Germania, ma un pò in tutto il centro e nord Europa. Spiegazione? «Siamo in ritardo di almeno 10 anni rispetto alle innovazioni varietali ottenute dagli spagnoli tutte senza semi – dice Giuliano –.Stiamo pure recuperando terreno, ma ci vuole tempo, molto tempo, ci vogliono 10 anni per cambiare i rapporti di forza e arrivare all'80% di cultivar senza semi e 20% di tradizionali. Se non ci organizziamo, con varietà nuove che sono buone da mangiare e facili da produrre, rimarremo un paese di serie B, noi che eravamo leader mondiali».

Per questo PugliaFruit si muove, da ultimo, anche in Senegal, Brasile, Cile. Guardano all'estero - ma in mercati più maturi come Austria e Svizzera - anche altri piccoli esportatori come la Op La Preferita di Corato (9 milioni di fatturato nel 2018, per il 20% ottenuto all'estero) agro che, insieme a Trani e Bisceglie, costituisce l'altro polo viticolo pugliese più importante, quello del nord barese. «In quei paesi serviamo i clienti storici-spiega Nicoletta Mangione. Questa annata è stranissima sia per la produzione che per l'export che è molto lento, sia per per la varietà Italia che per le apirene".

Mercato estero: nuovi trend

Cercare maggiore spazio sui nuovi mercati americani e asiatici è per l'uva pugliese e italiana - l'Italia con 1,4 milioni di t. è al terzo posto nel ranking mondiale della produzione dopo Cina (4,9 milioni di t.) e Turchia (1,6 milioni) - un obbligo. Occorre misurarsi con i cambiamenti in atto:allargamento delle superfici coltivate con nuove varietà; parametri produttivi ormai consolidati su misura grappoli, buona "shelf-life", bacca più solida e croccante, nuovi sapori, maggior contenuto di antiossidanti. «La scoperta di aree sub-tropicali o tropicali, a cavallo dell'Equatore, caratterizzate da periodi secchi – spiega Marcello Gentile,dirigente sezione agroalimentare di Ice-ITA – significa che occorre programmare, spostare o gestire le raccolte secondo le esigenze di ogni mercato». Quindi i periodi di redditività per le uve pugliesi e italiane saranno sempre più ristretti. Per riconquistare le quote di mercato perse la sfida per i viticoltori pugliesi si chiama uva apirena, biologica, ipocalorica. L'uva a basso contenuto di zuccheri ben si inserisce nelle nuove tendenze salutistiche, ed il futuro potrebbe essere proprio la produzione di una "Diet Grape" apprezzabile per il gusto dei consumatori, ottenendo così un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza.


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