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Agrisole-Conad: il Made in Italy «brucia» 100 milioni di export ortofrutticolo

G.B.

Nei primi cinque mesi dell'anno si è ridotto del 4,5% il fatturato estero del settore mentre l'export spagnolo è al massimo storico

Lo "strabismo" certificato dagli ultimi dati sul commercio con l'estero del comparto ortofrutticolo, con Italia e Spagna che marciano in due diverse direzioni, alza il livello d'allarme per il made in Italy che oltre confine continua a perdere colpi e preziosi punti di share.

I numeri, quelli rendicontati da Fruitimprese, l'associazione dei trader del settore, aggiornati a tutto il mese di maggio certificano, sulla base delle rilevazioni doganali dell'Istat, una riduzione del 4,5% del fatturato estero ortofrutticolo, seppure a fronte di volumi in crescita del 5,6% (il confronto è con i primi cinque mesi del 2018).

L'aspetto più preoccupante è l'andamento del saldo valutario, in progressivo peggioramento. Da un miliardo di euro di surplus archiviato nel 2017 si era già scesi l'anno scorso a meno di 800 milioni. Quest'anno, nel dato ancora parziale, l'avanzo si è ulteriormente "asciugato", scendendo sotto i 140 milioni (-62%), complice il preoccupante divario tra la dinamica delle esportazioni, negativa, e quella dell'import che segna invece una crescita di oltre il 9% su base annua.

Da Madrid arrivano al contrario dati e notizie positivi, con la Fepex, il corrispettivo spagnolo di Fruitimprese, che sfodera numeri più che soddisfacenti, documentando nel bilancio del primo semestre di quest'anno una crescita delle esportazioni ortofrutticole del 4,2% in valore e del 10% a volume, al massimo storico.

Le cifre, quelle assolute, restano tra l'altro molto distanti da quelle italiane. All'estero la Spagna ha incassato un assegno di 7,8 miliardi di euro, mentre l'Italia ha fatturato poco meno di 1,9 miliardi, cifra che nella proiezione di un semestre (confrontabile con quella spagnola) salirebbe a poco più di 2 miliardi di euro.

Guardando i conti italiani, il risultato più preoccupante è il meno 10% in valuta dell'export di frutta fresca, ma a frenare sono anche gli ortaggi, seppure di un frazionale meno 0,6%. Due comparti che muovono insieme l'80% del giro d'affari oltre confine, sfiancati quest'anno dalle bizze del clima e dal flagello della cimice asiatica.

Per le pere il risultato produttivo è il peggiore degli ultimi dieci anni, con circa un terzo del raccolto che è andato perso in campagna. Critica la situazione anche per i kiwi, mentre il bilancio delle mele è positivo, in previsione di una flessione di soli 3 punti percentuali in rapporto al buon risultato del 2018.

Da rilevare che la produzione europea, sempre con riferimento alle mele, è indicata in calo del 20% dal Wapa (Word apple and pear association) e che in Polonia, primo produttore nell' Ue, è prevista addirittura una flessione tra il 40 e il 50 per cento.

Si profila dunque una stagione migliore per le mele italiane che sul circuito continentale potranno beneficiare, nella campagna 2019-2020, di una minore spinta concorrenziale della Polonia e di un'offerta complessivamente meno pressante. Resta l'esigenza di ridare impulso alle esportazioni e di ricalibrare le rotte commerciali per scongiurare uno scenario "lower for longer", rilanciando un comparto in grado di intercettare all'estero un giro d'affari di oltre 800 milioni di euro l'anno.


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