Filiere

Pasta, si sgonfia il mercato del gluten free: nel 2017 valori e volumi tra il 4 e il 5%

Silvia Marzialetti

Riccardo Felicetti (Aidepi): «Dopo il boom del 2015 un assestamento dovuto a costi eccessivi e a una nuova consapevolezza da parte del consumatore»

E’ una fase di stand by per la pasta gluten free. Dopo l’exploit del 2015, in cui il comparto ha toccato il picco del 27% in termini di valore e del 26,2% sui volumi, nel 2017 il trend si è stabilizzato rispettivamente sul 5 e sul 4,1%. Merito di una ritrovata consapevolezza e di un attitudine differente, da parte dei consumatori italiani.
Spinto dall’esigenza di offrire un mercato alternativo ai consumatori affetti da celiachia (198.427 i casi disgnosticati in Italia nel 2016, secondo la Relazione annuale del ministero della Salute al Parlamento), trainato da una massiccia campagna comunicativa, il gluten free è diventato il manifesto di un cambiamento di abitudini riconosciuto anche dall’Istat, che nel 2015 (l’anno d’oro, appunto) ha sancito l’ingresso di pasta e biscotti senza glutine nel paniere, per il calcolo dell’inflazione.
«Il comparto - commenta Riccardo Felicetti, titolare del pastificio ononimo, impresa socia di Alce Nero- ha rappresentato anche una via di fuga per consumatori meno avveduti, convinti di poter perdere peso velocemente, eliminando il carboidrati».

I mercati
Centro e Nord Italia le aree in cui il mercato tira di più (perfettamente in linea con i dati del ministero della Salute, che registrano in Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna il maggior numero di casi di celiachia diagnosticati), mentre all’estero la piazza di riferimento è rappresentata dal Nord Ovest degli Stati Uniti «da sempre - spiega Felicetti, che riveste anche il ruolo di presidente del gruppo pasta in Aidepi - osservatorio attendibile sui trend alimentari».
Oggi ciò che ha perso smalto da noi diventa tendenza nel Sol Levante: così l’infatuazione per il gluten free dilaga in Giappone, Paese tradizionalmente orientato su una alimentazione priva di glutine.
Nonostante la buona accoglienza da parte dei Paesi esteri, sul fronte dell’export le nostre aziende scontano una competizione fortissima da parte dei competitor esteri, in particolare quelli del Nord America.
Pesa anche il rapporto prezzo/porzione del prodotto, che risulta cinque volte quello della pasta tradizionale.
Incide, infine, anche la componente psicologica. «Nel momento in cui - addentando una texture in tutto e per tutto simile al fusillo tradizionale - il consumatore realizza che si tratta di un sapore completamente diverso, l’effetto è deludente», ironizza (ma non troppo) Felicetti.




© RIPRODUZIONE RISERVATA