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Massimo Bottura, lo chef mercuriale: «Sono ambasciatore dell'agricoltura made in Italy»

Silvia Marzialetti

Quando mio fratello mi disse: c'è un ristorantino vicino Modena, in cui lavora un elettrauto. Io assumo l'elettrauto e tu rilevi la trattoria del Campazzo

«L'ingrediente più importante per il lavoro del futuro è la cultura: io vengo dalla provincia, sono di Modena e la legittimazione culturale è sempre stata più importante di ogni riconoscimento».
Massimo Bottura, chef dell'Osteria Francescana, tre stelle Michelin e primo ristorante al mondo nella lista The World's 50 Best restaurants Awards si racconta.
«Un fratello maggiore ingegnere, un altro dottore, un terzo commercialista: io ero destinato a diventare avvocato. Ma mi ci vedete a me come avvocato? » ironizza, davanti agli studenti dell'Università Luiss. «Nel momento in cui comunico alla mia famiglia che non voglio diventare avvocato, tronco ogni rapporto con un padre-padrone, capo di un'azienda leader nel settore petrolifero; ma questo percorso - prosegue lo chef "mercuriale" (così lo ha definito la stampa estera) - a me non è mai interessato».
La condivisione degli interessi della famiglia però è forte: «ho sempre seguito i miei fratelli nei loro pellegrinaggi musicali, o artistici. E in quelli gastronomici, che sono diventati una folgorazione, proprio nel momento in cui io ero lì, pronto per essere conquistato».

Gli inizi al Campazzo

La passione diventa svolta professionale quando il fratello propone a Massimo Bottura di rilevare un piccolo ristorantino a 10 chilometri da Modena, la trattoria del Campazzo. «Adesso lì lavora un elettrauto -mi disse - io assumo l'elettrauto e tu gestitsci il ristorante».
Una settimana dopo è ai fornelli e alla sua porta bussa una signora. «Era praticamente cieca - racconta - e mi chiese di poter lavorare con me, forte dei suoi 35 anni di esperienza.Senza la minima esitazione la invitai ad andare in cucina e mostrarmi cosa sapeva fare». E così iniziò la collaborazione con Lidia Cristoni, «che mi ha insegnato come approcciare professionalmente questo tipo di attività», conclude.

L'Osteria Francescana, una bottega rinascimentale

«Una sorta di bottega rinascimentale in cui facciamo cultura, formazione, diventiamo ambasciatori della nostra agricoltura», così Bottura descrive il suo ristorante. «Abbiamo duemila curricula inviati da persone di tutto il mondo che chiedono di venire in Osteria per sudiare la nostra cucina e imparare a scomporre la nebbia, piuttosto che disidratare l'acqua di mare», racconta e il suo volto si illumina.«Usciti dal mio ristorante queste persone diventano gli ambasciatori dell'Emilia nel mondo, dopo aver capito cosa significa affinare un aceto balsamico per 50 anni, oppure stagionare un parmigiano Reggiano fino alla follia».

Il Parmigiano Reggiano e il lento declinare del tempo

Le sue cinque stagionature di Parmigiano sono famose in tutto il mondo.«Con il Parmigiano Reggiano la mia idea iniziale era rappresentare lo scorrere lento del tempo nella mia terra. Perchè questo vuol dire declinare la stagionatura di un formaggio dai 24 ai 30 ai 36 ai 40 ai 50 mesi, che poi diventa consistenza e temperatura.Questo dopo qualche anno è stato capito e il Parmigiano Reggiano è stato dichiarato piatto del decennio. Ma all'inizio lo aveva capito solo Umberto Panini, che disse: «Questo piatto porterà il Parmigiano Reggiano nel mondo».

La solidarietà

Massimo Bottura ha conquistato tutti anche per il suo impegno nel sociale e la lotta allo spreco. Durante l'Esposizione Universale del 2015 è nata l'idea di creare refettori per i poveri. Oggi ce ne sono tre (Milano, Rio de Janeiro, Londra) sostenuti dall'associazione no profit Food for Soul.
L'idea è semplice: «Noi produciamo cibo per 12 miliardi di persone, siamo in sette, 860milioni di persone non hanno niente, 1,3 billioni di tonnellate di cibo vengono sprecate ogni anno. Ecco, non c'è bisogno di produrre di più, c'è bisogno di sprecare meno».
Sessanta telefonate e la macchina si è messa in moto: «Non facevo in tempo a telefonare, che ogni grande chef del mondo mi diceva che sarebbe stato al mio fianco. E grazie al cardinale Scola, a Papa Francesco, al cardinale Padoan, siamo riusciti a creare un miracolo. Cioè un cuoco che in una Esposizione Universale porta un'idea che diventa forse il simbolo dell'Esposizione stessa».


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