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Agrisole-Conad: il rinascimento del vino ha spinto anche la Gdo a cambiare pelle

G.d.O.

Pugliese: dai bottiglioni e i fiaschi si è passati a un assortimento di etichette in esclusiva e a scaffali allestiti come un'enoteca. E anche la percezione dei produttori nei confronti della Gdo sta cambiando

«Il problema nel vino non è il miglior prezzo, ma il miglior cliente». La battuta che circola tra i viticoltori toscani può spiegare in una riga il successo del vino italiano nel Paese e nel mondo, in un settore dove la partita della concorrenza non si gioca a ribasso sui costi, ma su qualità, identità, legame con il territorio. Il vino è la punta di diamante dell'agroalimentare italiano: il comparto incide del 9,5 per cento sul valore totale della produzione agricola, per il 7,6 per cento sul fatturato dell'industria alimentare e per il 14,6 per cento sull'export alimentare nazionale. Il valore delle esportazioni supera quello di eccellenze assolute come l'olio di oliva, la pasta, i formaggi e i salumi. Il fatturato per impresa tocca in media i 5,1 milioni di euro contro i 2,3 dell'industria alimentare.

Sono i numeri di un prodotto simbolo del made in Italy e di una filiera che rappresenta un modello da imitare per efficienza e sostenibilità ambientale e sociale. Tutti temi che sono stati al centro della tavola rotonda Dialoghi con le meraviglie del nostro Paese, che si è tenuta nei giorni scorsi al Teatro Metastasio di Prato nell'ambito del Grande viaggio di Conad nelle filiere dell'agroalimentare italiano.

Il fatto che l'appuntamento dedicato al settore del vino si sia tenuto in Toscana è stato anche una sorta di riconoscimento del ruolo guida che la regione ha avuto nel rinascimento del vino italiano. La Toscana infatti con i propri rossi pregiati guida l'export del vino italiano assieme a Veneto e Piemonte, e rappresenta l'emblema del forte legame tra prodotto e territorio, con 58 denominazioni di origine, di cui 11 Docg, 41 Doc, e 6 Igt, e un tessuto produttivo di circa 23mila aziende prevalentemente piccole e medio piccole anche se non mancano i grandi nomi diventati nel tempo vere e proprie griffe del made in Italy.

L'appuntamento di Prato si è concentrato sulla filiera vino della quale sono state messe in evidenza alcune peculiarità decisive per il successo del settore. «Nel settore vitivinicolo a partire dallo scandalo metanolo della metà degli anni '80 – ha spiegato il direttore del Consorzio Aaster, Aldo Bonomi – hanno saputo in individuare un modello per competere sui mercati. Nel vino hanno aggregato l'eccellenza. Anche grazie alle cooperative hanno realizzato una rete di multinazionali tascabili che ha loro volta hanno mostrato una capacità di aggregare che non c'è in altre filiere. Altro tassello decisivo sono stati anche i consorzi di tutela che rappresentano un'organizzazione di distretto. E infine in anni più recenti i viticoltori si sono dimostrati non solo produttori di vino ma anche produttori di paesaggio».

«Quello del vino è uno dei pochi settori in cui la globalizzazione ha prodotto una segmentazione della domanda – ha spiegato l'ad di Conad, Francesco Pugliese - premiando chi è riuscito a orientare la sua offerta puntando su aspetti come l'alta qualità, la territorialità, la capacità di muoversi su diversi canali distributivi. Il percorso di rinascimento del vino dallo scandalo del matanolo a oggi ha coinvolto l'intera filiera compreso anche l'anello della distribuzione. Nello scandalo degli anni '80 fummo coinvolti perché alcuni sequestri avvennero anche presso la grande distribuzione e anche allora fummo accusati. Qualcuno disse che la grande distribuzione doveva selezionare meglio i propri fornitori. E anche noi siamo cambiati passando da semplici negozi a veri e propri brand. Negli anni dai bottiglioni da 5 litri di Lambrusco e dai fiaschi di Chianti si è via via passati ad altro fino ad arrivare in molti casi a scaffali gestiti come un'enoteca. Un passaggio che non è stato semplice. C'è ancora forte l'idea del "vino da supermercato" e per questo per tanti anni le migliori etichette non erano intenzionate ad approdare sugli scaffali. Tutt'ora noi abbiamo 80 etichette esclusive nei nostri assortimenti. Un prodotto al quale facciamo attenzione privilegiando il localismo ed evitando di usare il vino in promozione. Stiamo attenti a non svilire il prodotto. E per questo pensiamo che oltre a quella delle etichette esclusive meritiamo la fiducia anche dei principali brand del vino made in Italy».


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